La fiducia in se stessi e l’autostima vengono spesso assimilate, ma in realtà esse si sviluppano in maniera del tutto differente. La fiducia in se stessi si basa su ciò che ci sentiamo capaci di realizzare. La stima poggia invece valore che ci auto-attribuiamo. La fiducia in se stessi Si fonda su una valutazione realista delle nostre risorse, per fronteggiare questa o quella situazione. Essa può facilmente oscillare. La fiducia in sé permette di sentirsi sicuri in un contesto preciso, perché ci si vede capaci di muoversi e di affrontarlo.
L’autostima si basa invece sul valore che pensiamo di avere. E dunque meno fluttuante della fiducia in sé, che dipende dal contesto. Si può avere grande fiducia in se stessi di fronte a ciò che conosciamo bene e sentirsi privi di mezzi in un’altra situazione, sconosciuta. Autostima è un concetto molto studiato in psicologia, esistono alcune scale per misurarne il livello. Una delle più utilizzate e quella di Rosenberg, che ne fornisce una definizione: un segno di “tolleranza e di soddisfazione personale rispetto a sé, che esclude i sentimenti di superiorità e di perfezione”. Altri autori ritengono che l’autostima sia il rapporto tra i nostri successi i nostri obiettivi, il raffronto costante che ognuno fa tra i due.
Se riusciamo ottenere ciò cui aspiriamo oppure se la nostra immagine agli occhi degli altri corrisponde a quella che intendiamo offrire, allora disponiamo di una buona autostima. È una dialettica tra il “sé” reale e il “sé” ideale. Ma, se l’autostima si nutre effettivamente dei nostri successi E della congruenza tra ciò che siamo e il nostro ideale, essa trovano in gran parte le sue radici nella nostra infanzia, in particolare nella relazione che abbiamo avuto con i nostri genitori. È per questa ragione che quanto questa relazione è stata carente, non è facile rinforzare l’autostima.
Talvolta, tutti successi, tutti riconoscimenti non sono sufficienti.